Per me fare arte è come essere persi in un bosco o in un deserto, ecco forse meglio dire in un deserto.
In un deserto perché a volte seguire le proprie ispirazioni è difficile come salire su una duna, a volte è più semplice, come scenderne, a volte si vede un miraggio e si pensa di poter raggiungerne la visione. Si persegue quella strada strada, ma non si arriva nulla.
A volte ci si ferma a guardare dei sassolini, pensando che possano nascondere la fonte dell’arte perfetta, ma in realtà sono solo sassolini.
Oggi volevo fare questa riflessione sul modo in cui faccio arte. Mi guardo sempre intorno e penso di essere un ladro (in senso artistico ovviamente).
Mi piace guardare cosa fanno gli altri non le idee, ma piuttosto i concetti, la trasformazione dei concetti in segni, ovviamente non semplice e molto spesso non mi riesce.
Cambio spesso perché poi mi annoio. Fare sempre le stesse cose è assolutamente deprimente così come non riuscire a trovare, tutto sommato, un linguaggio che mi diverta.
Ripercorrendo gli ultimi due anni, rispetto a ciò che ho prodotto, posso sicuramente dire che sono andato nella direzione della semplificazione. Anche se rimango sempre affascinato da dal lavoro di Kirchner, che con colore e linee, a volte molto crude, riesce a raccontare delle storie incredibili; d’altro canto mi piace anche moltissimo la semplicità di Mondrian.
Non ovviamente il Mondrian dell’ultimo periodo, in cui era arrivato l’astrattismo geometrico, ma piuttosto è il processo per arrivare a quell’astrattismo geometrico che mi affascina sempre. Gli alberi di Mondrian, le scomposizioni con cui attraverso linee curve ne realizza la percezione, senza effettivamente mai rappresentarlo.